“Approfondimento” con Vincenzo Messana, nisseno doc e tecnico Mini-rugby: “Il valore più grande sono i nostri ragazzi, sono il nostro futuro”

Vincenzo Messana, (nisseno doc, 27 anni), è un valente e giovane tecnico formatosi in seno alla DLF Nissa Rugby. Ha iniziato come giocatore e poi è stato “pervaso” dal fuoco dell’insegnamento, dalla voglia di far conoscere ed insegnare il meraviglioso sport della palla ovale. Il suo viaggio è iniziato ed attualmente prosegue, con eccellenti risultati con i bambini ed i ragazzi, in seno alla società nissena presieduta da Giuseppe Lo Celso. Conosciamo meglio Vincenzo.

Cosa ti ha spinto da atleta a diventare allenatore? “Lo stimolo principale che mi ha portato a seguire il corso formativo per diventare allenatore è stata la voglia di comprendere meglio certi aspetti del rugby, a livello tecnico e teorico, cose che da atleta mi riusciva difficoltoso ottenere in quanto più concentrato sulla prestazione fisica. Devo dire che l’idea di mettermi a disposizioni di ragazzi e bambini mi esalta sempre. Loro sono il nostro futuro”.

Il valore primario che ti guida e vuoi trasmettere? “Il valore che guida le mie scelte sono i ragazzi. Il valore più grande sono loro. Personalmente quello che provo a trasmettere loro è il senso di famiglia, di connessione tra le parti, il rispetto e il senso di coesione. Tutto questo perché credo che prima di essere un buon giocatore bisognerebbe essere un’ottima persona, con princìpi e ideali fondamentali che possono fare da guida a chi è in difficoltà”.

Un ragazzo di sport, da sport, un innamorato del rugby, uno sport che talvolta viene mal disegnato da alcuni ’triti’ ritornelli. Sfatiamo i luoghi comuni sul rugby come sport violento: “Assolutamente. Il rugby è uno sport di contatto NON violento. La differenza tra uno sport violento e uno di contatto sta nell’intenzionalità dell’atleta. Se dovessi mettere a confronto un pugile e un giocatore di rugby, credo che tra i due vincerebbe il pugile in quanto presenta una mentalità e un’intenzionalità improntata sul combattimento”.

È difficile fare rugby a Caltanissetta? “Con la società che abbiamo fare rugby a Caltanissetta e facile, molto facile. È accessibile a tutti, atleti, famiglie e anche curiosi che la domenica vogliono vedere la partita. Questo sotto il profilo pratico. Devo dire anche che è altrettanto complesso fare rugby qui.  Partiamo dal presupposto che questo sport non è tanto conosciuto (anche se ci sono dei miglioramenti sotto questo punto di vista) rispetto agli altri sport, calcio in primis, pallavolo, basket ecc… Quindi tra scetticismi e paure nei riguardi del rugby non è sempre facile avvicinare persone a questo sport bellissimo”.

Il tuo ricordo più bello legato alla palla ovale? “Il ricordo più bello che ho è legato al nostro stadio. Dovevamo giocarci l’ultima partita in casa contro i ragazzi del Palermo (squadra prima in classifica) per poter accedere alla serie B. Ricordo ancora oggi nitidamente l’aria che si respirava negli spogliatoi. I volti dei miei compagni. Chi era concentrato, chi scherzava per smorzare la tensione, chi aveva paura, si! Perché a volte capita di avere paura. Io per la maggior parte del tempo ero rintanato nei bagni, ansioso, spaventato e adrenalinico allo stesso momento. Il momento più bello è arrivato poco prima di salire in campo, eravamo tutti schierati nel tunnel del sottopassaggio, salite le scale una grandine insistente comincio a colpire le nostre teste, tutto era perfetto per quella partita così importante. Sembrava un film da Oscar, che ambientazione!”.

Obiettivo stagionale? “Questa è una domanda complessa. È complicata in quanto, causa COVID, le incognite legate al nostro operato sono molte. Posso dire che il mio obiettivo personale è quello di tenere uniti i ragazzi del mio settore, non perdere numeri fondamentali, nonostante gli impedimenti causati dalla pandemia”.

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